Il governo deve riportare nel pubblico le fonti di produzione di ricchezza

Sul piano delle dichiarazioni si direbbe che ha cominciato a spirare un vento positivo a favore del bene comune di tutti i cittadini.

Domina il discorso della Von der Leyen che, nel discorso di insediamento della Commissione europea, ha fatto riferimento agli stili di vita europei e dei singoli paesi che costituiscono l’Europa, nel quadro dei principi fondamentali di libertà, giustizia e del rispetto dei diritti umani.

Altrettanto pare avvenire in Italia con i discorsi concilianti, in vista delle prossime elezioni umbre, di Zingaretti, Franceschini e, sopratutto, Di Maio, il quale ha parlato di voler partecipare a una lista civica unica senza aspirare ad assessorati o poltrone di qualsiasi genere.

Quanto ai fatti, se si esclude l’importante raggiungimento dell’obiettivo di smistare gli immigrati nei vari paesi dell’Europa, tutto il resto presenta insanabili contraddizioni.

Di Maio insiste, giustamente, per la revoca delle concessioni delle autostrade ad Atlantia e ai Benetton, ma intanto sono tutti concordi nel chiedere la partecipazione di Atlantia stessa alla proprietà di Alitalia.

Sia ben chiaro che i miliardi che Atlantia (e con essa Benetton), riscuote per i pedaggi, relativi, a quanto pare, di 3.255 chilometri di autostrade, dovrebbero andare, ai sensi dell’articolo 43 della Costituzione, a un’azienda speciale statale (come era prima del ricorso alla privatizzazioni o concessioni, che dir si voglia), arricchendo il patrimonio di tutti e non dei soci di una S.p.A. privata.

È questo il problema centrale. Il governo, se veramente vuole salvare l’Italia, deve riportare nel pubblico le fonti di produzione di ricchezza e di lavoro che sono state cedute quasi gratuitamente a faccendieri privati o a multinazionali quasi sempre straniere, poiché è indiscutibile che l’Ente pubblico ha come fine la soddisfazione dell’interesse pubblico, mentre la S.p.A. deve perseguire gli interessi dei singoli soci, spendendo il meno possibile per le manutenzioni e per il migliore soddisfacimento dell’interesse di tutti.

Lo dimostra ampiamente il crollo del ponte di Genova che ha prodotto 43 morti e l’indagine della procura di Genova che ha scoperto varie falsità nei documenti relativi allo stato di conservazione e di agibilità di varie autostrade.

Potremmo dirci soddisfatti solo se Autostrade e Alitalia venissero nazionalizzate, costi quel che costi. Infatti l’investimento in attività produttive, ai sensi dell’articolo 119 della Costituzione (che secondo il principio dei contro-limiti sancito dalla giurisprudenza costituzionale prevale sui trattati) non costituisce un debito da scrivere nel passivo di bilancio.

È questo l’elemento di prova su cui si potrà cominciare a valutare l’attività del nascente governo giallo-rosso.

Professor Paolo Maddalena.

Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”

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