UE: economia e immigrazione, i banchi di prova del nuovo governo

L’emergenza del momento è quella di non rimpiangere la scomparsa dal governo di Salvini come unico corifeo di una maggior forza dell’Italia in Europa (fatto che si rivela in più di uno scritto), ma di far in modo che partiti come il PD, che sono stati sempre al servizio delle multinazionali e della finanza, cambino rotta e sostituiscano le azioni inconsulte e populiste di Salvini in un serio programma di rapporti fra Italia e Europa in modo da favorire lo sviluppo economico italiano.

Qualche speranza in questo senso ci è data da alcune dichiarazioni di Ursula Von der Leyen nel colloquio avuto ieri a Bruxelles con Giuseppe Conte.

Il problema centrale del colloquio, tuttavia, è stato quello dell’immigrazione, in relazione al quale la politica disumana di Salvini non ha prodotto nulla di buono. Anzi ha instillato nell’animo di molti l’odio razziale che è stato sempre alla base di conflitti, di guerre e di distruzioni.

Ora si parla, su un piano di correttezza diplomatica, di modificare il trattato di Dublino e di prevedere una automatica redistribuzione dei migranti tra i vari Stati membri dell’Unione europea, prevedendo, altresì, dure sanzioni per gli Stati inadempienti.

Ci sembra questa la via da seguire, non solo sul piano dell’immigrazione, ma anche sul piano economico, poiché, come abbiamo più volte ripetuto, la causa di tutti i mali è da ricercare nell’imposizione da parte dell’Europa di norme inaccettabili che riguardano soltanto l’aspetto formale della contabilità pubblica e dei conti patrimoniali, e dimenticando il dato fondamentale secondo il quale l’unica via per abbattere il debito è quella dello sviluppo.

Al riguardo l’atteggiamento di Ursula Von der Leyen è apparso alquanto timido, poiché Ella, come dicevamo ieri, ha parlato di un maggiore sviluppo nei limiti della flessibilità, tenendo fermo il principio contabilistico e dannoso della parità del bilancio. Eppure la soluzione sarebbe molto semplice. È quella dettata dall’articolo 119 della nostra Costituzione secondo il quale: “è possibile ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese di investimento”.

Il che significa che le spese di investimento non vanno conteggiate nel passivo di bilancio.

È sulla trattativa diplomatica in questo settore che il governo italiano potrà dimostrare la propria bravura, la propria dignità e la propria disciplina.

Professor Paolo Maddalena.

Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”

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