Nuovo programma di governo: dove sono i mezzi finanziari per attuarlo?

Salutiamo con soddisfazione la nascita del nuovo governo. Il primo dato positivo è che di esso non fa più parte Matteo Salvini, il quale ha svolto una inaccettabile politica nei confronti dei naufraghi salvati in mare, imponendo loro atroci sofferenze, sia fisiche che psichiche.

Quanto al programma di governo (che, come è stato ufficialmente detto, comprende tutti gli elementi proposti da Di Maio), notiamo che i precedenti venti punti  sono diventati 26, tra i quali però non si ritrova più la distinzione tra banche di investimento e banche commerciali. Fatto, questo, importantissimo, perché la vendita di derivati, di cartolarizzazioni e di altri prodotti finanziari costituiscono un indebito guadagno per le banche e una perdita per la collettività.

In realtà quello che preoccupa è che il governo ha dimostrato di non avere una chiara visione per ostacolare (almeno) il predominio della finanza e delle multinazionali, le quali agiscono con prodotti finanziari, fondati sul debito, e quindi sul nulla, e con tale moneta fittizia acquistano i bei reali appartenenti al popolo italiano.

Nonostante i buoni propositi che rivela l’elencazione dei 26 punti sopraddetti, resta il fatto molto rilevante che il governo non tenga presente l’elemento fondamentale che condiziona lo sviluppo economico del nostro Paese.

Tale elemento è l’attuazione della “proprietà pubblica”, di cui al primo comma dell’articolo 42 della Costituzione, la quale si oppone alla proprietà privata in base alla quale speculano la finanza e le multinazionali (si pensi alle privatizzazioni).

Un serio programma di sviluppo economico deve ricostituire il “patrimonio pubblico” degli italiani, riportando nel pubblico ciò che è stato dissipato con cessioni costituzionalmente illegittime a privati faccendieri inesperti e a multinazionali, quasi sempre straniere.

Senza un patrimonio pubblico il dettagliato programma del governo rischia di non poter essere attuato.

Si tenga presente che quando si parla di patrimonio pubblico si intende riferirsi al “territorio” italiano e alle “fonti di produzione di ricchezza nazionale” che il territorio contiene.

Tali beni devono appartenere non a S.p.A., scalabili da chiunque, ma a enti pubblici, affinché siano gestiti nell’interesse della collettività e non dei singoli soci. È da sottolineare inoltre che il territorio è parte costitutiva della comunità politica, cioè della Repubblica e che esso, insieme alle citate fonti di produzione che contiene è inalienabile, inusucapibile e inespropriabile. Se non fosse così, verrebbe meno la stessa comunità politica.

Sono questi i concetti da opporre al dilagante mercato generale fondato sui concetti erronei del neoliberismo imperante. Si tratta in pratica di evitare le privatizzazioni, le svendite e le delocalizzazioni. Ma di questo non c’è traccia nel programma.

D’altro canto, un altro aspetto da porre in evidenza è “la revisione del debito pubblico”, poiché è evidente che non sono esigibili i crediti derivanti da speculazione, i debiti che favoriscono le banche ai danni della collettività, i debiti assunti contro gli interessi del popolo italiano. E anche su questo aspetto il programma tace.

Riconosciamo la buona volontà di Giuseppe Conte e di tutti i componenti del nuovo governo, ed auspichiamo che vogliano prendere in considerazione le argomentazioni sovraesposte, le quali, a nostro avviso, sono indispensabili per lo sviluppo economico del nostro Paese.

Professor Paolo Maddalena.

Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”

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