Alitalia, Ilva, autonomie: penoso atteggiamento del governo

Per quanto riguarda l’Italia, è addirittura penoso l’atteggiamento del governo che supplica faccendieri inesperti come Benetton e Toto (il primo ha fatto cadere il Ponte di Genova, il secondo ha fatto fallire AirOne), invitandoli a prender parte al capitale di Alitalia, insieme con altre imprese addirittura straniere.

È evidente che queste società non hanno  certo il fine di giovare agli italiani, ma quello di giovare ai propri soci, cercando di ottenere il massimo profitto ridimensionando il campo d’azione di Alitalia e procedendo ad amplissimi licenziamenti del personale dipendente.

Questa è la conseguenza di aver violato l’articolo 43 della Costituzione secondo il quale: “le imprese che riguardano i servizi pubblici essenziali devono essere in mano pubblica o di comunità di lavoratori e di utenti”. Ci troviamo infatti difronte all’assurdo che nel consiglio di amministrazione della compagnia Alitalia si troveranno a confrontarsi, da un lato coloro che dovrebbero per dovere d’ufficio difendere gli interessi nazionali, e dall’altro coloro che, proprio in virtù della privatizzazione, sono legittimati a perseguire i loro personali interessi.

E si pensi che Alitalia, secondo la prospettazione degli esperti, potrebbe espandere il proprio patrimonio, essendo in aumento le richieste di voli aerei. Sarebbe pertanto sufficiente utilizzare le rotte più fruttuose, eliminando quelle in perdita.

Raccogliamo i frutti di questa dissennata politica delle privatizzazioni, mentre i nostri governanti non danno nessun segno di resipiscenza.

Per quanto riguarda l’Ilva, è ineccepibile l’ordine dato dalla Procura della Repubblica di Taranto di spegnere uno dei tre alti forni, non essendosi la società uniformata alle prescritte regole di tutela ambientale.

È qui sorprende l’affermazione di Di Maio, il quale dimenticando di aver promesso di essere irremovibile nella eliminazione delle immunità penali, ripropone oggi una legge interpretativa che riaffermerebbe le dette immunità nel caso di adeguamento formale al piano di risanamento ambientale.

È davvero inaccettabile che il nostro governo si pieghi alla forza degli speculatori stranieri, ignorando gli interessi pubblici (quelli economici e quelli della salute) del popolo italiano.

Infine quanto alle autonomie, la cui decisione finale sarebbe rinviata a settembre, è da osservare che si tratta di un colpo decisivo  contro l’unità d’Italia, la quale, allo stato, già vedrebbe come regioni ad autonomia differenziata, non solo Lombardia, Veneto e Emilia Romagna, ma anche Piemonte, Liguria, Toscana, Umbria e Campania.

E tutto questo in aperto contrasto con l’articolo 5 della Costituzione

Si realizza così il “divide et impera” voluto dalle multinazionali, mentre l’Italia risorgimentale che proveniva dalla unione plebiscitaria di sette piccoli Stati, si ritrova in pratica a essere divisa in venti piccolissimi stati, ridotti nell’assoluta incapacità di svolgere una politica che tenga conto in primo luogo dei valori culturali, linguistici, artistici e storici dell’intero popolo italiano, la cui esistenza era  già viva ai tempi di Dante e Petrarca.

Professor Paolo Maddalena.

Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”

 

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