Comunicato alla manifestazione a favore delle “nazionalizzazioni”

Comunicato alla manifestazione a favore delle “nazionalizzazioni”

Nel silenzio della stampa e dei mass media sulla partecipazione di oltre 10 mila persone alla manifestazione svoltasi a Roma il 20 ottobre a piazza della Repubblica a favore delle nazionalizzazioni e contro le privatizzazioni, pubblichiamo l’intervento del Professor Paolo Maddalena che è stato letta all’inizio della manifestazione:

Comunicato alla manifestazione a favore delle “nazionalizzazioni”

La nostra Costituzione è grande perché persegue la “giustizia sociale”, la quale si ottiene soltanto
dando risalto e rispetto al ”lavoro”. E’ per questo che l’art. 1 della Costituzione proclama che “L’Italia è
una Repubblica democratica fondata sul lavoro” e il successivo art. 4 Cost. sancisce che ”La Repubblica
riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendono effettivo questo
diritto”.
Questi sacri principi sono stati calpestati da tutti i Governi che si sono succeduti dopo l’assassinio di
Aldo Moro sino ad oggi. Tali Governi, infatti, invece di “rendere effettivo detto diritto”, distribuendo la
ricchezza alla base della piramide sociale, in modo che il Popolo potesse lavorare ed essere
“protagonista” dell’economia, hanno strappato alla proprietà del Popolo le stesse “fonti di produzione
della ricchezza nazionale e del lavoro” (autostrade, rotte aeree, linee marittime, servizi pubblici
essenziali, frequenze televisive, energia, distribuzione di acqua, luce, gas, ecc.), cedendole, quasi
gratuitamente, a singoli soggetti, italiani e stranieri, chiamati “poteri forti”, i quali, gestendo malissimo le
loro funzioni (vedi ponte di Genova), riscuotono miliardi e miliardi in base a tariffe prestabilite, si
impossessano dei “profitti” del capitale pubblico, che spetterebbero al Popolo, e, trasformano il lavoro
in pura”merce”.
Micidiali sono state le “privatizzazioni”, cioè la trasformazione degli Enti pubblici gestori del
“patrimonio pubblico”, in SPA, cioè in enti privati scalabili da chiunque, sia italiani, sia stranieri,
cosicché oggi il “patrimonio pubblico del Popolo”, quello che l’art. 42 della Costituzione denomina “la
proprietà pubblica” è passata in pratica nelle mani di privati, sfruttatori e collusi con la politica. Ma v’è
di più. Sono stati resi vendibili persino i “demani” e gli immobili pubblici artistici e storici”, beni che
sono per natura “inalienabili, inusucapibili e inespropriabili”. E tutto questo perché si è abbandonato il
“sistema economico produttivo” di stampo keynesiano, voluto dalla Costituzione, per dar luogo a un
“sistema economico predatorio” di stampo neoliberista, che fa creare alle banche danaro dal nulla e
consente agli speculatori di acquistare, con danaro fittizio, come i derivati e le cartolarizzazioni, i beni
già esistenti, invece di investire i loro capitali in attività produttive di merci e di lavoro per tutti.
Questi privati che gestiscono fonti di energia e servizi pubblici essenziali, si sono disinteressati dello
svolgimento dei loro compiti, sono venuti meno ai loro “doveri”, riducendo in povertà la nostra Patria,
devastata da costruzioni inutili, da fabbriche e capannoni abbandonati e soprattutto priva di occasioni
di lavoro. Dunque, si sono posti al di fuori della legge e, se sono fuori della legge, devono essere
estromessi dai compiti loro affidati.
Comunque, per vincere certe battaglie, occorre avere i mezzi finanziari necessari, e il Popolo italiano,
come primo passo, di questo indispensabile cambiamento, deve innanzitutto “riappropriarsi” del
proprio “patrimonio pubblico”, sia agendo sul piano giudiziario, sia costringendo l’attuale governo a
“rinazionalizzare” quanto è stato “privatizzato” o “svenduto” a singoli privati. Si tenga ben presente
che, secondo l’art. 42, comma 2, della Costituzione “la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla
legge allo scopo di assicurarne la funzione sociale” e che tutti i Governi che hanno effettuato
“privatizzazioni” e “svendite” non hanno svolto di certo una “funzione sociale, ma una “funzione
antisociale”, spogliando il popolo di quanto, per Costituzione, gli appartiene: la “proprietà
pubblica”.Tali privatizzazioni e svendite sono dunque “nulle” e questa “nullità” può essere fatta valere
anche in sede giudiziaria.
Italiani riprendetevi i vostri beni, le vostre occasioni di lavoro, e con esse il vostro diritto al lavoro.
Ripudiate le “privatizzazioni” e invocate le “nazionalizzazioni”. Ve lo chiede la stessa Costituzione della
Repubblica Italiana.

 

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