Con le privatizzazioni si è perso il patrimonio pubblico indispensabile nelle situazioni di emergenza

Con le privatizzazioni si è perso il patrimonio pubblico indispensabile nelle situazioni di emergenza

Ho sempre posto in evidenza che l’aggregazione dei singoli in una Comunità statale implica necessariamente la formazione di un patrimonio pubblico che sia posto in sicurezza, riservando allo Stato la sua proprietà e la sua gestione, in modo da poter far fronte a esigenze che riguardano tutti e quindi non possono essere rimesse alle decisioni di singoli, ma dello Stato nella sua interezza.

La prima conferma di quanto ho detto si è avuta nella grave situazione determinata dalla pandemia di coronavirus. In questo caso certamente non sono stati i cliniche private a curare le migliaia di persone infette, ma quel poco della sanità pubblica, con gli eroici comportamenti del personale medico pubblico, che si era salvata dalla privatizzazione.

Ora il problema riguarda l’aumento dei prezzi energetici e, specialmente, quello del gas, a causa della gravissime tensioni fra Russia e Stati Uniti per la situazione geopolitica che si è creata in Ucraina, trattandosi di due prodotti che interessano tutta la collettività e che non potevano esser ceduti a privati.

Aver privatizzato i servizi pubblici essenziali e le fonti di energia significa aver tolto allo Stato la possibilità di intervenire in questi campi, poiché certamente i privati e le multinazionali che si sono accaparrati questi beni mirano al loro personale interesse e non hanno alcuna intenzione di preoccuparsi degli interessi di tutti.

Stesso discorso è da fare per l’inflazione dilagante che ci ha colpito e che ha riguardato sopratutto le fonti energetiche, basti pensare che solo per gas e luce si è avuto un aumento delle bollette del 103,4%.

Anche qui si chiede un intervento dello Stato, ma come può intervenire lo Stato se tutto il patrimonio pubblico è stato dato ai privati?

Purtroppo anche di fronte a questi avvenimenti innegabili il nostro governo prosegue nelle sue privatizzazioni e svendite e la risposta a questi problemi sta addirittura nella vendita a trattativa privata di Ita (della quale si è parlato ieri) alla svizzera MSC crociere e alla tedesca Lufthansa, in modo che anche i proventi, lauti e sicuri, provenienti dal trasporto aereo, non restino più in mano italiana, ma in mano straniera.

Non mi resta che ribadire, con vero rimpianto, la necessità di attuare gli articoli 1, 2, 3, 4, 9, 11, 41, 42, 43 e 118 della nostra Costituzione repubblicana e democratica.

Professor Paolo Maddalena. Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”

Come iscriversi all'associazione del Presidente Maddalena

La realtà economica italiana dimostra che non si può prescindere dallo Stato imprenditore

La realtà economica italiana dimostra che non si può prescindere dallo Stato imprenditore

Le notizie della stampa odierna pongono in evidenza in quale tragedia ci ha spinto il sistema delle privatizzazioni, soprattutto eliminando l’intervento dello Stato nell’economia, rappresentato dall’IRI, contro il quale si erano indirizzati gli strali degli economisti e di gran parte della dottrina giuridica.

Oggi, proprio perché i beni essenziali del demanio pubblico non sono più nella proprietà collettiva demaniale del Popolo, come la Costituzione sancisce (art. 43 Cost.), la vasta area delle telecomunicazioni, e cioè di Tim, è diventata preda di varie multinazionali che, come ricorderebbe Manzoni, sono avvoltoi che si danno orribili colpi di ala per mangiarsi la preda.

Su Tim si sono avventati infatti, oltre il ben noto fondo americano Kkr, anche il fondo Cvc e altri fondi internazionali, mentre il governo resta a guardare.

D’altro canto giunge notizia che alcune piccole industrie italiane, restando private, proprio in ossequio al principio neoliberista, si stanno rinforzando mediante l’acquisto delle proprie azioni da parte di un fondo pubblico italiano, costituito, per la difesa del made in Italy, da una legge del governo Conte 2, la numero 34, del 19 maggio 2020.

Questa è la indiscutibile conferma del fatto che l’economia italiana, per essere efficiente, non può che essere mista e che il ritiro dello Stato dall’economia è sicuramente un errore.

E tale errore diventa tragedia quando sono posti sul mercato anche i beni inalienabili, che, come Tim (art. 43 Cost.), costituiscono il nostro demanio costituzionale.

Insomma la via da seguire, se veramente si vuol salvare l’Italia, deve andare al di là dei semplici supporti all’economia privata e deve ricostituire un intervento forte dello Stato nell’economia, specialmente quando si tratta di settori sensibili, come quello delle telecomunicazioni.

Per questo invito tutti gli italiani a dare attuazione agli articoli 1, 2, 3, 4, 9, 11, 41, 42, 43 e 118 della nostra Costituzione repubblicana e democratica.

Professor Paolo Maddalena. Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”

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