Perché i fondi privati stranieri preferiscono investire in Italia.

Perché i fondi privati stranieri preferiscono investire in Italia.

Mentre la situazione del contagio del Covid-19 appare più o meno stazionaria, le notizie più importanti sono quelle che Milena Gabanelli ha dato sul piano dei mancati investimenti strutturali italiani.

Ella si chiede come mai l’Italia sia la nazione più attraente per gli investimenti nel settore pubblico da parte di innumerevoli società e fondi privati stranieri, soprattutto degli australiani di Macquire e degli americani di Blackstone.

La risposta è semplice. I settori che offrono maggiori guadagni sono quelli che ineriscono alle comunicazioni, cioè ai servizi pubblici essenziali che devono essere svolti da industrie strategiche nel campo delle ferrovie, delle autostrade, della gestione dei porti e, soprattutto a causa del corona virus, della sanità.

In questi settori i Paesi come la Germania, la Francia, l’Inghilterra e la Spagna hanno fatto ricorso a denaro pubblico ed hanno quasi interamente finanziato le opere da compiere.

Viceversa l’Italia ancora non dispone dei necessari 373 miliardi da spendere nei prossimi 10 anni.

È in questo il grosso problema del disfacimento dell’economia italiana. I servizi pubblici essenziali, le fonti di energia, le situazioni di monopolio e le industrie strategiche, come afferma l’articolo 43 della Costituzione, devono essere in mano pubblica, perché offrono alti guadagni, solitamente a tariffa, e quindi svincolati dalle fluttuazioni del mercato.

Se l’Italia dissipa quest’enorme ricchezza cedendola a potentati economici stranieri, si pone volontariamente con la testa sotto la ghigliottina, perché pone nelle mani di altri Stati le fonti di produzione di ricchezza nazionale, che dovrebbero essere utilizzate e gestite in Italia, da italiani e per gli italiani.

È questo un punto centrale che solitamente è trascurato dal Parlamento e dal governo, ma soprattutto, dai media, i quali distraggono l’attenzione pubblica da questo importante problema, parlando soltanto di corona virus o di futili avvenimenti.

Ora per risollevare l’Italia esiste un solo imperativo categorico: nazionalizzare urgentemente le fonti di produzione di ricchezza.

Gli strumenti finanziari, dovrebbero arrivare dal Recovery Fund dell’Europa, ma ricordiamo a tutti che, sulla base dei Trattati e dello statuto della Bce, l’Italia, come hanno da tempo affermato illustri economisti come Stiglitz e Galbraith, può e deve emettere moneta di Stato.

L’importante, per evitare inflazione, è che all’emissione di questa moneta, che può essere a corso legale soltanto sul territorio nazionale, corrispondano la creazione di beni e servizi, poiché, dopo la cessazione della convertibilità della moneta in oro, la stabilità dei prezzi, dipende sostanzialmente dall’equilibrio tra l’emissione di moneta e i beni reali esistenti nel Paese.

A tal fine il governo dovrebbe urgentemente provvedere anche alla abrogazione della moneta fittizia, cioè, per fare un esempio, dei derivati, i quali sono pure scommesse, vietate dall’articolo 1933 del codice civile, emesse a vanvera nell’interesse della finanza e delle multinazionali e che creano un grande squilibrio nella relazione tra moneta e beni reali esistenti.

Il governo ha l’obbligo indifferibile di porre al centro dei propri lavori la soluzione di questo problema, altrimenti l’economia italiana viaggerà con enorme velocità verso la propria totale dissoluzione.

Al riguardo notiamo che i Benetton hanno sostituito come amministratore delegato il dottor Mion con il dottor Enrico Laghi, il quale è stato scelto dal governo come uomo di fiducia per risolvere il problema di Alitalia e dell’Ilva.

Siamo arrivati all’assurdo che una società privata, nella quale confluiscono anche molti capitali stranieri, si mette alla pari con lo Stato e nomina come soggetto di parte una persona che invece è stato già nominato uomo di fiducia del governo: il che costituisce un caso tipico di conflitto di interessi.

I Benetton sono responsabili della pessima manutenzione delle autostrade e per loro la legge prevede unicamente la revoca della concessione.

Si tratta di un principio generale rinvenibile anche nell’articolo 1453 del codice civile, nel quale si legge: “nei contratti con prestazioni corrispettive, quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, l’altro (nel nostro caso lo Stato) può a sua scelta chiedere l’adempimento (nel caso di specie inattuabile) o la risoluzione del contratto (cioè la revoca), salvo in ogni caso il risarcimento del danno”.

Proprio non vorremmo che i nostri rappresentanti, anziché prendere come esempio l’eroico Aldo Moro che emise moneta di Stato, continuino a prendere come esempio Badoglio, il quale fu il vero responsabile della disfatta di Caporetto e, anziché essere punito, fu posto a fianco di Armando Diaz comandante supremo delle forze armate, in sostituzione del generale Cadorna, e poi, dopo la caduta del fascismo, fu nominato capo del governo.

Insomma deve cessare l’epoca in cui i traditori della Patria vengono premiati, mentre coloro che adempiono al sacro dovere di difenderla sono assassinati come Aldo Moro.

Professor Paolo Maddalena. Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”

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