Il neoliberismo di Draghi toglie agli italiani la proprietà pubblica demaniale dei servizi pubblici essenziali

Il neoliberismo di Draghi toglie agli italiani la proprietà pubblica demaniale dei servizi pubblici essenziali

Dalla stampa odierna emerge con evidente chiarezza che nel background dei politici esistono due punti fermi sui quali nessuno deve discutere come se si trattasse di un atto di fede.

Da un lato si sostiene l’ideologia neoliberista, il cui mainstream è dare ricchezza ai ricchi e miseria ai poveri; d’altro canto appare intoccabile la libertà di ciascun politico di ricorrere a un tipo di propaganda assolutamente menzognera, com’è tipico delle società della menzogna (vedi Vladimiro Giacché), che fondano il loro potere sulla finanza e cioè sulla moneta fittizia.

Ricordo in proposito le dichiarazioni di Salvini, il quale prevede di diventare subito Ministro dell’Interno, per impedire l’accesso in Italia dei migranti, respingendoli in mare, e addirittura arriva ad affermare che il reddito di cittadinanza (che ha salvato un milione di persone dalla povertà assoluta) deve essere tolto agli indigenti e dato alle imprese per favorire il loro sviluppo.

Altro esempio è quello della Meloni, la quale ha ritenuto di confermare platealmente la sua fede europeista, e cioè il suo convincimento sulla intoccabilità del sistema economico predatorio neoliberista attualmente seguito, nonostante la sua palese contrarietà ai principi fondamentali della nostra Costituzione repubblicana e democratica.

Sfugge a tutti che il centro del problema è costituito proprio dalla necessità di sostituire detto sistema economico predatorio neoliberista con il sistema economico produttivo di stampo keynesiano, che salva i posti di lavoro e le fonti di produzione di ricchezza nazionale,  che per altro è l’unico sistema accolto in Costituzione.

Ma, come accennavo, questo punto centrale che riguarda l’esistenza stessa dell’economia italiana e quindi della Repubblica, costituita da una Comunità nazionale che si articola in numerose Comunità locali, tutte vero bersaglio della politica in atto.

Su questo piano emerge la vergognosa approvazione del Ddl concorrenza, voluta da Draghi, il più fiero sostenitore dell’Europa neoliberista, secondo il quale tutti i servizi pubblici essenziali, compresa l’acqua, devono essere privatizzati, cioè messi a gara sul mercato generale, in modo da togliere agli italiani posti di lavoro e fonti di produzione di ricchezza, per donarli agli stranieri partecipanti alle varie gare.

Un vero obbrobrio che suona come un tradimento agli interessi generali della nostra patria. Il caso particolare riguarda il servizio balneare, per il quale il Senato ha approvato la sua messa a gara  europea, rinviando la determinazione degli effetti di questa ignobile decisione a un decreto attuativo, che dovrà essere emesso entro 6 mesi.

Per quanto riguarda il servizio taxi, il cui regime è stato condensato nell’articolo 10 del Ddl Concorrenza, si registra, positivamente, che il provvedimento è stato stralciato dalla Camera e dal Senato dal testo del Ddl concorrenza. Solo il prossimo futuro ci dirà quale sorte ha avuto questo servizio pubblico essenziale.

Quello che sfugge ai nostri politici è che nel passaggio dall’ordine costituzionale sancito dallo Statuto Albertino, soggetto singolo, denominato Stato persona o Stato amministrazione,  si è passati allo Stato comunità, soggetto plurimo, la Repubblica, e cioè il Popolo, producendo effetti notevoli sulla natura dell’appartenenza allo Stato dei beni e delle utilità costituenti il demanio pubblico.

Nel primo caso tutto era informato ai principi della proprietà privata, per cui il bene pubblico era tale per l’appartenenza a un Ente pubblico, che poteva demanializzarlo o sdemanializzarlo, nel secondo caso invece l’appartenenza del bene pubblico ha la natura della proprietà collettiva demaniale, per cui è impossibile che un bene di tutti sia dato a un singolo.

E questo ai sensi degli articoli costituzionali: 1 (che istituisce lo Stato comunità); 42, primo comma (che sancisce la proprietà pubblica); e 43, ultimo comma (secondo il quale  devono appartenere a enti pubblici o a comunità di lavoratori o utenti i servizi pubblici essenziali, le fonti di energia, le situazioni di monopolio, che abbiano carattere di preminente interesse generale ):

Come si ricava da queste norme i servizi pubblici essenziali necessari per la costituzione e il funzionamento della Comunità nazionale e delle Comunità locali non possono essere gestiti da privati, i quali perseguono interessi individuali e non il preminente interesse pubblico sancito in Costituzione, ma soltanto, si ripete, da Enti pubblici o da comunità di lavoratori o di utenti.

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Per attuare il discorso di Mattarella si devono bloccare le privatizzazioni del bene comune

Per attuare il discorso di Mattarella si devono bloccare le privatizzazioni del bene comune

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha giurato ieri in Parlamento sulla Costituzione della Repubblica italiana, in una atmosfera solenne e gioiosa nello stesso tempo, con un discorso ineccepibile per i temi trattati, spesso interrotto da fragorosi applausi, mentre suonavano le campane del torrino e sfrecciavano nel cielo le frecce tricolore.

Nonostante le bellissime e condivisibilissime parole espresse da Mattarella, il quale, tra l’altro, ha posto in evidenza la intollerabile pressione sull’azione politica italiana dei poteri economici sovranazionali, il concetto fondamentale che è rimasto inespresso e oscuro è che la causa prima delle morti bianche sul lavoro, della disoccupazione, specie quella giovanile e femminile, dell’avanzante miseria generale, del costante innalzamento del debito pubblico, e così via dicendo, è la politica delle privatizzazioni, delocalizzazioni e svendite, sostenute da Draghi il 2 giugno 1992 sul panfilo Britannia, e seguite da tutti i governi che si sono succeduti dal 1981 in poi, rafforzandosi poi in modo eclatante con l’attuale governo presieduto da Mario Draghi, il quale, avendo chiesto tra l’altro al Parlamento l’approvazione dell’articolo 6 del Ddl Concorrenza, rischia di spogliare il Popolo di tutti i beni che a lui appartengono a titolo di proprietà collettiva demaniale per farli passare, indebitamente, nelle mani degli speculatori e della finanza.

A mio avviso deve essere ribadito con forza che, soprattutto in questo periodo storico, deve essere tenuta in seria considerazione la distinzione fra beni in commercio e beni fuori commercio, costituenti il demanio costituzionale, evitando che i beni di prima necessità come l’acqua, le fonti di energia, i servizi pubblici essenziali, nonché il paesaggio e i beni artistici e storici, siano posti sul mercato e acquistati a prezzi stracciati anche da stranieri.

Impressiona il fatto che Cristine Lagarde, essendo convinta assertrice che tutto deve essere posto sul mercato, si appresta a smettere l’acquisto di titoli pubblici da parte della BCE e sia pronta ad aumentare i tassi d’interesse e, in pratica, il costo del denaro, spingendoci di nuovo verso gli sperimentati danni che ineluttabilmente produce l’austerità, prima nemica dello sviluppo economico.

Ciò dimostra quanto importante sia tenere fuori dalla rincorsa mercantile al profitto i beni come quelli poco sopra accennati, per i quali deve essere escluso il fine del profitto e deve essere considerato preminente il fine di tutelare la vita dell’uomo e della natura, ponendo al primo posto la tutela della persona umana e del Popolo nel suo complesso.

Se il governo tenesse presente questo dato, abilmente nascosto dai politici e dai media che sono nelle mani di potentati economici, allora si aprirebbe la strada alla reale attuazione della Costituzione e si passerebbe dalle solenni proclamazioni del Presidente della Repubblica alla concreta costituzione di uno scudo contro la perdurante e totalizzante invasione dei mercati speculativi.

È per questo che come sempre invito tutti a dare attuazione agli articoli 1, 2 ,3 ,4, 9, 11, 41, 42, 43 e 118 della nostra Costituzione repubblicana e democratica.

Professor Paolo Maddalena. Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”

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