Il riscaldamento climatico è arrivato, molto probabilmente, a un punto di non ritorno.

Il riscaldamento climatico è arrivato, molto probabilmente, a un punto di non ritorno.

Il problema numero uno dell’Italia è quello del riscaldamento globale. Oramai stiamo molto probabilmente a un punto di non ritorno, ma ciò non significa che non dobbiamo immediatamente reagire, sperando nelle forze endogene della natura.

Il disastro più grave degli ultimi anni è avvenuto ieri a Catania, dove l’uragano Medicane ha trasformato le strade in fiumi e gli scienziati ritengono che la Sicilia e il centro del mediterraneo siano entrati in un nuovo stato climatico, che comporta la formazione di uragani mai esistiti prima in quell’area geografica, i quali, sia pure con un volume inferiore a quelli tropicali, sono estremamente violenti e dannosi.

A mio avviso il fatto più grave è l’indifferenza generalizzata della popolazione e soprattutto dei politici riguardo a questi fenomeni di stravolgimento dell’atmosfera, nonché della vita terrestre e marina.

Pare che nessuno avverta che la vita sulla terra dà chiari segni di sconvolgimento. Ritengo che la causa di tutto sia la scomparsa del sistema economico keynesiano, che poneva al centro i bisogni dell’uomo, e la sua sostituzione con il sistema economico neoliberista, che pone al centro l’accumulo individuale del denaro, un impossibile sviluppo economico senza fine, non tenendo conto dei limiti imposti dalla natura.

Per di più, negli ultimi tempi, le immissioni di CO2 nell’atmosfera sono aumentate in modo vorticoso per gli incendi dolosi provocati in Italia e nel resto del mondo, nonché a causa dell’uso di carburanti per il riscaldamento degli edifici, per l’industria e per i trasporti. Mentre si sradicano alberi in enorme quantità per alimentare, creando CO2 , le centrali elettriche a biomassa, e non si pensa, come a suo tempo suggerì Keynes a Roosevelt, per risolvere la crisi degli anni ’20, a piantare nuovi alberi, i quali assorbono l’anidride carbonica ed emettono ossigeno.

Altra causa del disastro è lo spargimento in mare di milioni di metri cubi di petrolio nei frequenti incidenti delle petroliere, che stendono uno strato impenetrabile sulla superficie acquea e uccidono lo zooplancton e il bioplancton che hanno la funzione essenziale di emettere ossigeno.

Le misure adottate dal governo, e fatte proprie dal PNRR, sono a dir poco irrisorie. Si tratta del ricorso limitato alle cosiddette energie pulite e, in pratica, all’istallazione di pale eoliche e di pannelli solari.

Ci vuole ben altro, bisogna immediatamente fermare, costi quel che costi, l’emissione di CO2 da qualsiasi parte provenga. E bisogna ricorrere alla piantumazione immediata di alberi ad alto fusto e al conseguente ristabilimento idro-geologico dell’Italia.

Occorre a tal fine un generale cambiamento degli stili di vita, la cosiddetta decrescita di Latouche, che sola può salvare la vita sulla terra.

Invece si continua a procedere come se il problema non esistesse, ed è di ieri la notizia che la legge sul consumo di suolo, anch’esso causa prima del disastro, già approvata dalle commissioni competenti, viene oggi ritirata e sostituita con una legge estremamente blanda che non risolve il problema.

Intanto si continua a consumare suolo alla velocità di due metri quadrati al secondo. Insomma marciamo compatti verso la distruzione della vita del pianeta e quindi anche nostra, senza accorgerci di nulla, e rimanendo sordi ai richiami che tendono a rispettare gli equilibri ecologici e l’intera vita universale.

Anche in questo caso l’unico aiuto ci viene dall’osservanza della Costituzione e in particolare degli articoli 1, 2, 3, 4, 9, 11, 41, 42, 43 e 117, comma due, lettera S.

Professor Paolo Maddalena. Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”

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