Contro il trasporto aereo italiano si sono scatenati: la Commissione europea, con in testa la commissaria alla concorrenza Margrethe Vestager, le compagnie low cost raggruppate da Ryan Air e l’insipienza dei nostri amministratori.
La Commissione europea, dopo un’istruttoria durata 1235 giorni, in seguito a una denuncia di Ryan Air, ha intimato:
A) ad Alitalia di restituire 900 milioni relativi al prestito ponte del governo Gentiloni, a cui saranno da aggiungere probabilmente anche 400 milioni prestati dal governo Conte;
B) alla stessa di mettere a bando di gara il proprio marchio (molto appetito da Ryan air);
C) alla nascente ITA di dismettere il 17% degli slot (cioè i diritti di decollo e di atterraggio molto remunerativi) di Linate e il 54% degli slot di Fiumicino
D) alla stessa ITA di assumere solo 2800 lavoratori a fronte dei quasi 11 mila di Alitalia
E) sempre a ITA di non acquisire da Alitalia il progetto Mille Miglia (che contiene una montagna di dati sensibili).
Da parte sua Ryan Air minaccia di voler far pagare i debiti di Alitalia a ITA, in modo da far decollare questa nuova compagnia con le casse piene di debiti.
Infine il Presidente di ITA Altavilla ha deciso che gli stipendi dei nuovi assunti in ITA dovrebbero essere inferiori di quelli di Alitalia del 30-50% e non sarebbero più da osservare le norme del contratto collettivo nazionale, sostituito da un regolamento aziendale.
Noto di sfuggita che Altavilla sbaglia nel sostituire ai contratti collettivi i contratti aziendali, poiché, ai sensi dell’articolo 47 della legge numero 428 del 1990, la consultazione tra sindacati e azienda si ritiene esaurita qualora non sia stato raggiunto un accordo entro 10 giorni, e, di conseguenza, non resta che applicare la nuova formulazione, nella stessa legge prevista, dell’articolo 2112 del Codice civile, secondo il quale, in caso di trasferimento di aziende (e di questo si tratta checché si dica in ordine alla discontinuità), il rapporto di lavoro continua con l’acquirente e il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano.
Quanto detto costituisce un boccone d’oro per le low cost. Tutto sulla base dei principi neoliberisti tanto cari all’Europa della concorrenza e della conseguente discontinuità.
Di fronte a un quadro così nero emerge con indiscutibile chiarezza che l’errore imperdonabile dei governi italiani è stato quello, prima di trasformare in S.p.A. Alitalia azienda di Stato, e poi quello di creare ITA anche essa come una S.p.A.
La privatizzazione del servizio pubblico essenziale del trasporto aereo è vietato dalla nostra Costituzione, perché sottrae al Popolo sovrano le proprie fonti di produzione di ricchezza, sulle quali si fonda la vita della nazione e il lavoro dei cittadini italiani, cedendo quasi gratuitamente questa ricchezza a singoli soggetti, i quali si trovano a gestire servizi pubblici essenziali, non più nell’interesse di tutti i cittadini e dei lavoratori dipendenti, ma nell’interesse esclusivo e fagocitatorio degli amministratori e dei soci della S.p.A..
Un vero obbrobrio giuridico. Ora, di fronte a questa ecatombe lavorativa ed economica, il governo italiano deve avere il coraggio, e a questi fini devono agire i dipendenti di Alitalia e soprattutto i sindacati, per far tornare agli italiani le grosse entrate economiche che derivano dal trasporto aereo e per mantenere l’occupazione dei propri dipendenti, tenendo presente che l’atteggiamento della Commissione europea scuote la Repubblica italiana dalle sue fondamenta, poiché essa è fondata sul lavoro e prevede la sovranità, non dell’Europa, ma del Popolo italiano.
A questo punto si profila la necessità di porre fuori commercio il trasporto aereo in modo da sottrarlo alle leggi di mercato e alle assurde pretese della Commissione europea e delle aziende low cost.
Il governo, in altri termini, è obbligato, in questo momento, ad attuare l’articolo 43 della Costituzione, trasferendo Alitalia, ITA e Aeroporti di Roma allo Stato, a Enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti, trattandosi di servizi pubblici essenziali che hanno carattere di preminente interesse generale, utilizzando a tal fine i 3 miliardi già stanziati dal governo Conte e inspiegabilmente ridotti a un miliardo e trecento milioni dal governo Draghi.
Se il governo Draghi non si muovesse in questa direzione, diverrebbe indispensabile ricorrere al diritto di resistenza dei cittadini italiani e dei lavoratori di Alitalia, un diritto di resistenza che emerge chiaramente dal combinato disposto degli articoli 2, 3, 40,41, 42, 43, 49 e 118, ultimo comma, della nostra Costituzione, e comporta l’utilizzo dello sciopero generale e del ricorso al giudice per la remissione della questione alla Corte costituzionale.
Professor Paolo Maddalena. Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”
Che dire … in questo nostro povero Paese purtroppo non si da mai credito alle persone autorevoli e competenti ma, ahinoi alle persone autoritarie ed INcompetenzti.
Grande, Prof.! Speriamo che i cittadini, TUTTI, non solo i dipendenti Alitalia, comprendano la necessità di reagire e insorgano PACIFICAMENTE contro le regole assurde della Commissione Europea e del banchiere, espressione di Goldman&Sachs che, da non eletto, agisce da Presidente del Consiglio. Giù le mani da Alitalia, patrimonio comune dei Cittadini Italiani !