L'attuazione del PNRR implica la privatizzazione dell'acqua e dei servizi pubblici essenziali. Unico rimedio è il ricorso al giudice per far valere i principi e le norme della Costituzione

L'attuazione del PNRR implica la privatizzazione dell'acqua e dei servizi pubblici essenziali. Unico rimedio è il ricorso al giudice per far valere i principi e le norme della Costituzione

Dopo la elezione di Mattarella a Presidente della Repubblica i vari partiti lottano fra loro per ottenere una posizione politica di maggior forza in vista delle prossime elezioni del 2023.

L’elezione di Mattarella infatti ha provocato, come rilevano i sondaggi, una perdita notevole di voti da parte della Lega e un notevole guadagno da parte di Fratelli d’Italia.

In questa situazione la parte del Movimento 5 Stelle che fa capo a Conte cerca di avvicinarsi al PD, il quale a sua volta tenta di attirare a se i partitini della sinistra, e d’altro canto gli altri partiti capeggiati da Renzi e Berlusconi tentano di creare un polo di attrazione costituito dal centro.

A mio avviso si tratta del solito teatrino pre-elettorale, di carattere populista, in quanto il dominio del pensiero neoliberista spinge poi tutti a convergere su una stessa linea politica, che vede perdenti gli interessi del Popolo italiano.

Ciò è dimostrato in modo chiaro dalle disposizioni del decreto concorrenza (che è in corso di esame da parte del Parlamento), il quale mira a collocare sul mercato, a favore della speculazione finanziaria, due settori molto importanti: l’acqua pubblica e i servizi pubblici essenziali.

Significativa è la norma del Ddl concorrenza che impone ai Comuni di dare in concessione i servizi pubblici locali e la gestione dell’acqua pubblica, sacrificando così anche l’Abc di Napoli, che è un esempio ben noto di gestione dell’acqua affidata al settore pubblico.

E tutto questo avviene nell’indifferenza del Popolo italiano distratto dal Festival di San Remo e nella indescrivibile confusione negli uffici ministeriali, i quali non riescono a far fronte alle minute prescrizioni del PNRR per ottenere i prestiti previsti.

Desidero sottolineare che il fatto più grave consiste nel calpestare ancora una volta, sia la volontà espressa dal Popolo con il referendum del 2011 sull’acqua, sia i principi fondamentali della nostra Costituzione, anch’essa confermata dal referendum del 2016, che vide la sconfitta della deforma costituzionale renziana.

Infatti la privatizzazione dell’acqua e dei servizi pubblici essenziali, come più volte ho ripetuto, violano in modo eclatante il principio costituzionale secondo il quale appartengono alla proprietà pubblica, e cioè al demanio costituzionale, i servizi pubblici essenziali, le fonti di energia, le situazioni di monopolio e le industrie strategiche, i quali sono beni di “preminente interesse generale” (art. 43 Cost.).

In realtà non si può negare che nell’immaginario collettivo emerge soprattutto la gestione dell’acqua, la quale, essendo elemento essenziale per la vita (per questo definito allo stesso tempo bene comune e proprietà collettiva demaniale), non può subire le oscillazioni speculative delle valutazioni di mercato.

Siamo di fronte ad un attacco mortale contro la Costituzione e l’esistenza stessa dello Stato-Comunità, il quale ha come obiettivo il benessere dei cittadini e non gli interessi delle multinazionali e della speculazione finanziaria.

Mi unisco pertanto alle dichiarazioni fatte da Paolo Carsetti, del Forum Italiano movimenti per l’acqua, e aggiungo soltanto che, a questo punto, è indispensabile agire in giudizio contro le già avvenute privatizzazioni in questo settore, come da ultimo quella che riguarda l’acqua del meridione, che era affidata all’ente pubblico Eipli, l’Ente per lo Sviluppo dell’Irrigazione e la Trasformazione Fondiaria in PugliaLucania ed Irpinia, il quale doveva perseguire gli interessi generali, mantenendo la gestione pubblica dell’acqua, ed è stato trasformato in una S.p.A., la quale non deve più perseguire gli interessi pubblici, ma gli interessi dei soci, utilizzando peraltro un capitale del tutto pubblico.

È una vera ignominia che il Popolo italiano non può tollerare. Ripeto che in questo caso non sono sufficienti proclami, ma occorre l’intervento della magistratura, che faccia valere i principi e i diritti costituzionali, rimettendo alla Corte costituzionale le leggi che autorizzano tali privatizzazioni.

Come al solito non mi resta che invitare i miei concittadini all’attuazione degli articoli 1, 2, 3, 4, 9, 11, 41, 42, 43 e 118 della nostra Costituzione repubblicana e democratica.

Professor Paolo Maddalena. Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”

Come iscriversi all'associazione del Presidente Maddalena

Potremmo gioire, ma in realtà c'è molto da piangere

Potremmo gioire, ma in realtà c'è molto da piangere

La lettura dei giornali odierni dà risalto a due eventi che, a primo impatto, potrebbero farci piacere: Mario Draghi, con molta energia, ha fatto valere la sovranità italiana nei confronti dell’Europa, la quale aveva criticato l’Italia per aver adottato misure restrittive della circolazione trans-frontaliera, senza uniformarsi al preventivo parere della Commissione europea.

Il nostro Presidente del Consiglio ha sottolineato che il governo italiano ha spiazzato l’Europa difendendo meglio degli altri la salute dei cittadini, e ora questo vantaggio vuole essere eliminato dalla Commissione. D’altro canto, ha proseguito Draghi, si tratta di un’azione governativa dettata dalla necessità e dal buon senso.

Altra bella notizia è che il prestigioso giornale inglese L’Economist, ha indicato l’Italia come Nazione dell’anno.

Purtroppo, a ben vedere, nella sostanza abbiamo ben poco da gioire, sia per la designazione dell’Economist, sia per il comportamento di Draghi in sede europea, infatti si deve tener presente che l’Economist ha come socio di maggioranza la famiglia Agnelli che certamente vede di buon occhio Mario Draghi e che quest’ultimo resta un indomabile privatizzatore neoliberista, che sta aumentando il distacco tra la politica e le necessità economiche del Popolo, favorendo le multinazionali che gettano sul lastrico migliaia di lavoratori e le loro famiglie.

Significativo in proposito è il fatto che la stampa in genere, ha trascurato del tutto il grande successo dello sciopero generale, che ha visto affluire in molte piazze d’Italia, e specie a Roma, tantissimi cittadini che reclamavano il loro diritto a un lavoro stabile e duraturo.

Ed è da notare che in queste manifestazioni erano completamente assenti i politici, di solito molto presenti in situazioni di questo tipo, il che conferma una spaccatura, alla quale ho appena fatto cenno, tra il Popolo e i suoi rappresentanti che guidano la Nazione.

Ciò è confermato in modo eclatante dal fatto che Mario Draghi ha presentato un emendamento alla legge di bilancio con il quale si impone una severa verifica del funzionamento dei servizi idrici gestiti direttamente dai comuni e si indica la necessità di affidare la gestione dell’acqua a un gestore unico privato.

Un vero colpo contro gli interessi del Popolo e il referendum del 2011 che aveva visto la vittoria dei fautori dell’acqua pubblica con una schiacciante maggioranza.

Purtroppo anche dal campo avverso, e mi riferisco alla proposta di legge costituzionale, presentata dal parlamentare Giovanni Vianello, per inserire in Costituzione il diritto fondamentale all’acqua pubblica, non ci si è resi conto che l’articolo 43 della Costituzione già prevede la necessità del trasferimento alla mano pubblica o a comunità di lavoratori o di utenti, non solo dell’acqua e dei bacini idrici, ma di tutti i servizi pubblici essenziali e di tutte le fonti di energia, tra le quali c’è ovviamente l’acqua, oltre le situazioni di monopolio e le industrie strategiche.

Dunque l’inserimento in Costituzione del diritto all’acqua potrebbe essere addirittura controproducente, poiché potrebbe far ritenere che per ogni servizio e per ogni fonte di energia occorra una specifica previsione costituzionale.

Un pessimo risultato che renderebbe ancor più difficile la tutela del demanio costituzionale e cioè, non il demanio previsto dal Codice civile secondo i principi dello Statuto albertino, ma il demanio previsto in Costituzione, come proprietà pubblica demaniale, non dello Stato persona (la pubblica amministrazione), ma dello Stato Comunità, cioè del Popolo.

A mio avviso la Costituzione non va modificata, per i pericoli che tale modifica comporta, ma solo attuata e in particolare vanno attuati gli articoli 1, 2, 3, 4, 9, 11, 41, 42, 43 e 118.

Professor Paolo Maddalena. Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”

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