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TERRE ROVERESCHE, ASSEGNATE CON ASTA PUBBLICA LE PRIME DUE CASE
ACQUISITE AL PATRIMONIO COMUNALE PERCHE’ IN STATO DI ABBANDONO

Segue un comunicato stampa dell’amministrazione di Terre Roveresche, che applicando la Costituzione, così come suggerito dal Prof. Maddalena e da Attuare la Costituzione, ha acquisito al proprio patrimonio beni abbandonati, per restituirli alla collettività.

Buona lettura.

Terre Roveresche, 10 agosto 2023. A Terre Roveresche ci sono le prime due case assegnate all’asta dal Comune dopo averle acquisite ai proprietari originari che le tenevano in condizioni di forte degrado. Quando nel 2016, Antonio Sebastianelli, da sindaco dell’allora Comune di San Giorgio di Pesaro, ha emanato, per primo in Italia, il ‘Regolamento per l’acquisizione al patrimonio comunale dei beni immobili in stato di abbandono e poi nel 2019, da primo cittadino del nuovo Ente fuso, lo ha riproposto su più ampia scala, fece un certo ‘rumore’ e non mancò chi la ritenne un’iniziativa destinata ad arenarsi per carenza di fondamenti normativi. Ma non è stato così. E le due assegnazioni degli ultimi giorni lo confermano.

Riavvolgendo il nastro, il Regolamento in questione prevede che in caso di immobili abbandonati da almeno 10 anni, abitazioni, capannoni, terreni e aree edificabili che siano, il Comune invia al proprietario la diffida ad adottare i provvedimenti necessari al ripristino del decoro e della sicurezza nel termine perentorio di 120 giorni più 180. Dopodiché, in caso di inottemperanza, l’Ente acquisisce tali beni al proprio patrimonio, stabilendo un loro utilizzo che ne consenta la riqualificazione. Utilizzo che può consistere, se si tratta di una casa, anche nella sua assegnazione a privati o ditte ad un prezzo simbolico di 1 euro, col patto che ne effettuino il recupero.

“I criteri previsti dall’asta pubblica per l’assegnazione – spiega Sebastianelli -, non riguardano il prezzo, che è appunto simbolico, ma una serie di altri criteri con relativo punteggio. Si privilegiano, ad esempio, le giovani coppie di età inferiore ai 40 anni e chi destinerà l’immobile a prima casa, oppure ad attività ricettive, commerciali o artigianali. Per uno dei due edifici assegnati, ubicato nel municipio di San Giorgio – aggiunge il sindaco –, abbiamo già sottoscritto l’atto di concessione davanti al notaio Dario Colangeli di Fano con l’aggiudicatario, Florin Mihai Tufan, un artigiano residente a Mondavio. Per il secondo, che si trova a Barchi, faremo il rogito nel prossimi giorni. Va rimarcato che all’assegnatario viene concesso il diritto di superficie dell’immobile per 99 anni (con mantenimento della nuda proprietà in capo al Comune) e lui si impegna a procedere, a sue spese, alla riqualificazione dell’immobile entro 18 mesi e a mantenerlo in buono stato per tutto il periodo contrattuale. Da quando è stato introdotto il Regolamento, abbiamo emanato 11 diffide ed effettuato 5 acquisizioni: 1 terreno in località Montecucco, che è diventato un parco pubblico e 4 edifici. Di questi, uno, a Piagge, verrà demolito, due sono stati già assegnati e per un altro, che si trova a Rupoli, sarà fatta a breve l’asta di assegnazione”.

L’impalcatura giuridica di questa ‘operazione’ scaturisce dal fatto che la proprietà privata non è garantita come diritto soggettivo assoluto, ma in quanto finalizzata ad assicurare una funzione sociale del bene. Un principio, sostenuto con forza, muovendo dall’art. 42 della Costituzione Italiana, dal professor Paolo Maddalena, vicepresidente emerito della Corte Costituzionale, secondo cui se il singolo non utilizza un bene e, peggio ancora, lo lascia in stato di incuria, facendone un potenziale pericolo per l’ambiente o per la pubblica incolumità, il popolo sovrano se lo riprende.

“Insomma – conclude il sindaco – la nostra è un’iniziativa che trova fondamento nella Carta Costituzionale, come autorevolmente sostenuto dal professor Maddalena, con cui ci siamo più volte confrontati e che ringrazio per la sua lucida analisi giuridica. La finalità che ci muove non è certo di carattere ‘punitivo’, ma è quella di restituire ad un bene la sua funzione, eliminando, contestualmente, condizioni di degrado che potrebbero minare la pubblica e privata incolumità e generare potenziali occasioni per attività e comportamenti illeciti.

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Danni derivanti dalla natura e danni derivanti da un sistema economico errato

Danni derivanti dalla natura e danni derivanti da un sistema economico errato

È nell’emergenza che si verifica la validità o non di una politica economica. L’esempio che ci viene dato dal disastro idrogeologico dell’Emilia Romagna e dagli enormi sforzi per riparare i danni ci dà la misura di quanto errata sia stata la politica degli ultimi 30 anni inaugurata da Mario Draghi il 2 giugno 1992, proseguita dallo stesso con la legge sulla concorrenza e il mercato del 2022, e assunta come politica propria dal Presidente del Consiglio Giorgia Meloni.

I dati stimati per l’Emilia Romagna ammontano a circa 6 miliardi di euro, e, con sforzo straordinario, il governo Meloni è riuscito a racimolare, nelle pieghe del bilancio, 2 miliardi di euro, subito destinati alle azioni di risarcimento dei danni subiti da questa regione.

Non è chiaro da quali finalità siano state sottratte le somme da destinare alla riparazione dei danni provocati dal disastro alluvionale, appare comunque certo che il peso di questi prelievi non riguarderà le classi più abbienti, ma soltanto i consumatori e qualche servizio pubblico essenziale.

Insomma il bilancio italiano, che ha un debito di circa 300 miliardi di euro, non consente interventi straordinari, e quelli adottati, se hanno il pregio di aiutare persone colpite dalla tragedia , hanno il demerito di aver impoverito le somme destinate allo sviluppo economico.

Il punto centrale del discorso sta nell’aver sostituito un’economia di stampo keynesiano, che era fondata sull’intervento dello Stato (il quale, attraverso l’IRI, riusciva a sviluppare l’industria di base e le infrastrutture necessarie allo sviluppo economico), con il neoliberismo, proclamato da Mario Draghi nel 1992, che inneggiava alla privatizzazione dell’industria statale, che è stata attuata, dapprima con la vendita delle banche pubbliche avvenuta nel 1990, e poi con la trasformazione in S.p.A., e conseguente collocazione sul mercato, effettuata dal governo Amato nel 1992, dell’INA, dell’Enel, dell’Eni e dell’IRI, con le sue 1000 aziende pubbliche e 60000 dipendenti, cui hanno fatto seguito un’altra infinità di aziende pubbliche.  

Se queste aziende pubbliche non fossero state messe sul mercato, dove, come dicono gli economisti, il pesce grande mangia il pesce piccolo, l’Italia sarebbe ancora oggi una vera potenza economica e industriale, la cui distruzione è avvenuta con l’imperdonabile errore di collocare sul mercato tutte le aziende pubbliche. 

Ora gli incrementi della ricchezza nazionale possono derivare solo dalla iniziativa privata, la quale persegue interessi individuali e non certo l’interesse pubblico del Popolo sovrano. È divenuto impossibile svolgere una politica economica dopo essersi privati degli Enti pubblici economici e delle Aziende pubbliche.

Insomma, per dirla in una sola parola, il grande capitale pubblico, che aveva portato l’Italia al miracolo economico degli anni ’60, si è dissolto nel nulla nel 2002, e l’IRI è ora incorporata nella Fintecna, con una sede che si trova a Roma in via Vittorio Veneto 89.

La soluzione è ancora possibile, perché è vigente la nostra Costituzione che impone di indirizzare a fini sociali l’attività economica pubblica e privata, fondando questo principio sulla norma, esistente dall’epoca romana, secondo la quale i beni di un Popolo vanno divisi tra beni in commercio e beni fuori commercio, i quali costituiscono una riserva inalienabile, inusocabile e inespropriabile.

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Si addensano nubi sul piano climatico e militare globale

Si addensano nubi sul piano climatico e militare globale

Dominano i media odierni le drammatiche notizie sull’alluvione che ha disastrato trequarti dell’Emilia Romagna, dando luogo a 14 morti,  a 34 mila sfollati e non si sa a quanti dispersi.

Al riguardo la causa prima di questo disastro è da ricercarsi nel fatto che in tutto il mondo , come sostiene il Premio Nobel Parisi, l’aumento dei gas serra ha raggiunto limiti insostenibili, producendo un aumento della temperatura globale che, a sua volta, dà luogo al formarsi di alluvioni e uragani.

Nell’ambito di questo fenomeno generale, la cui soluzione dipende da un accordo di Stati Uniti, Cina e India, che sono i maggiori produttori di Co2, sono da ricercare cause particolari, le quali, per quanto riguarda l’Emilia, vanno individuate soprattutto nell’incremento del consumo di suolo per il quale detta regione è al terzo posto dopo Lombardia e Veneto.

Se si pensa che questi fenomeni sono avvenuti dopo un periodo di siccità, si capisce la loro enorme capacità distruttiva, poiché il terreno secco non assorbe acqua, la quale dilava e investe tutto quello che trova. Un fenomeno generale e globale dunque che si accompagna a disfunzioni locali. 

Sul piano generale, all’emergenza climatica si aggiungono seri motivi di guerra, che si verificano qua e là in vari punti del globo.

Il G7 che si è riunito a Hiroshima ha parlato del ricorso a una coercizione economica a carico della Cina e della Russia, ma si è fatto presente anche la difficoltà dell’aggiramento di queste sanzioni, limitandosi a constatare che la prospettiva del disarmo nucleare purtroppo si allontana.

Al G7 di Hiroshima ha fatto da contrappunto il contro-vertice della Cina e 5 Paesi sotto l’influenza russa, facendo rilevare che ormai si sono formati nel mondo tre poli contrapposti: Russia, Cina e Occidente. Un quadro generale che non spinge certo all’ottimismo. 

Per quanto riguarda la politica interna stanno emergendo i gravi errori compiuti dal governo Meloni, infatti la Banca d’Italia ha bocciato la flat tax, ritenendola poco realistica e poco compatibile con il nostro sistema di welfare; la Commissione studi del Senato ha bocciato il progetto di Calderoli sulle autonomie differenziate, sottolineando che esse comporterebbero un aumento notevole dei costi senza copertura; infine l’alto commissariato per gli immigrati dell’Onu ha bocciato in pieno, come contrario ai diritti umani, il decreto Cutro, varato dal nostro governo in tema di migranti. E l’elenco potrebbe continuare.

Come ripeto da tempo abbiamo una sola arma da usare: attuare la nostra Costituzione che informa l’economia alla più ampia circolazione della moneta, ed evita l’accumulo di questa nelle mani di pochi, che la usano per fini certamente non sociali.

E ricordo che contro talune direttive e regolamenti dell’Unione europea, ispirati dal neoliberismo, per giurisprudenza costituzionale, prevalgono i principi fondamentali della nostra Costituzione.

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Vogliono modificare la Costituzione, ma le idee sono molto confuse

Vogliono modificare la Costituzione, ma le idee sono molto confuse

Il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, dopo un inizio non proprio brillante del suo governo, lancia l’idea di una modifica Costituzionale che rafforzi i poteri dell’esecutivo.

Appare strano che un capo di governo, che nella situazione attuale non ha nessun ostacolo nell’emanare i propri provvedimenti, si lamenti di un’insufficienza delle norme per l’esercizio pieno dei propri poteri. Basti pensare che tutti i decreti legge della Meloni, anche se mal scritti e poco condivisibili nei contenuti, sono passati al vaglio del Parlamento che li ha approvati, dunque il Presidente del Consiglio dei ministri non dovrebbe lamentarsi di nulla.

Sembra a prima vista che si tratti di un’azione diversiva per nascondere l’incapacità di risolvere i problemi reali del Paese e soprattutto i problemi del lavoro e della immigrazione.

Se guardiamo alle proposte di modifica che sono state fatte, appare certamente sbagliato, sotto qualsiasi punto di vista, prevedere l’elezione diretta del Presidente della Repubblica, tenuto conto che l’attuale sistema  ha assicurato che fossero eletti Presidenti della Repubblica persone di alto profilo, come l’attuale Presidente Mattarella, che hanno saputo tenere la barra dritta, anche in momenti molto difficili, per il mantenimento della democrazia nel nostro Paese. 

Dunque è fuori luogo parlare dell’elezione diretta del Presidente della Repubblica e  a tal riguardo è opportuno tener presente che le masse popolari sono manovrate da una martellante propaganda messa in atto dalle potenze economiche e che in questa situazione potrebbe essere eletto Presidente una persona che non abbia le qualità necessarie per essere neutrale e indipendente.

Viceversa è da ritenere che tra i parlamentari eletti ci siano persone che vogliono realmente il bene dello Stato e che si accordino, come sinora avvenuto, per l’elezione della persona più adatta a svolgere le altissime funzioni di Presidente della Repubblica.

Altra proposta è quella del presidenzialismo alla francese e in relazione a questa ipotesi valgono le considerazioni appena descritte. 

Altra tesi è quella dell’elezione diretta del Capo del governo, questa è una vera assurdità che stronca alle radici le fondamenta della democrazia. E per altro consolida una tendenza che si è verificata da tempo, quella dell’uso smodato dei decreti legge, che vengono emessi a prescindere dalle situazioni di necessità e di urgenza.

Semmai, per mantenere l’equilibrio tra i vari poteri, ciò che occorre è obbligare il governo a emettere i decreti legge soltanto nei casi di reale necessità e di urgenza, sancendo un sindacato della Corte costituzionale anche sotto questo aspetto.

Infine altra proposta è quella di aumentare i poteri del Presidente del Consiglio dei ministri come previsto dalla Costituzione tedesca, ma anche questo aspetto, considerato che il governo è l’organo più esposto alle pressioni di singole lobby, accrescere i suoi poteri, come ad esempio quello di far dimettere un ministro, potrebbe essere molto pericoloso.

A queste proposte deve opporsi che la nostra Costituzione ha una propria intima armonia costituita dai pesi e contrappesi tra i vari organi, e mettervi mano significa, in ogni caso, rompere questo equilibrio essenziale per la tenuta della democrazia. 

Semmai ciò che è da correggere è la modifica del titolo V della Costituzione, con la quale si è commesso il gravissimo errore di rafforzare oltre ogni limite il potere legislativo delle Regioni, cancellando l’interesse nazionale e, con l’attuazione dell’articolo 116, addirittura ponendo in concorrenza tra loro e con lo Stato le singole regioni. In tal modo sono state poste le basi per una totale distruzione dell’unità e l’indivisibilità della Repubblica (art. 5 Cost.).

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Aumentano i tassi d’interesse e l’Italia ne paga le conseguenze

Aumentano i tassi d’interesse e l’Italia ne paga le conseguenze

Mentre i napoletani di tutto il mondo festeggiano la conquista del terzo scudetto e mentre la Francia, con la sua politica estremamente nazionalista, si permette di insultare il nostro Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, la quale sarebbe incapace di governare l’afflusso degli immigrati, la notizia più importante è che la BCE, guidata da Cristhine Lagarde, ha alzato i tassi di interesse dello 0,25%.

E nello stesso tempo gli USA hanno alzato anche loro i tassi di interesse dello 0,5%. Si tratta del funzionamento dell’erroneo sistema neoliberista, il quale, ponendo come fondamento la concorrenza, porta la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi, i quali tendono ad essere monopolisti e quindi capaci di alzare i prezzi più di quanto necessario.

La presente crisi si verifica soprattutto in campo alimentare, ed è noto che non tutto dipende dall’aumento dei costi di trasporto, ma dall’azione senza controllo di chi opera in questo campo. D’altro canto il fatto che lo stesso fenomeno si verifica negli Stati Uniti dimostra che chi non funziona è proprio il sistema capitalistico, il quale negli ultimi anni, con l’impetuoso vento neoliberista, ha avuto una forte diffusione in tutto l’occidente.

Ed attualmente si verificano elementi che fanno pensare a una sua autodistruzione, mentre i governi non pensano minimamente di tornare al sistema economico naturale indicato a suo tempo da Keynes e si limitano ad aumentare i tassi di interesse il cui peso grava come al solito sui più deboli.

Si deve aggiungere che l’uscita dello Stato dal mercato e il trasferimento sul mercato di grandi aziende pubbliche ha dato manforte all’egoismo degli operatori economici, i quali non agiscono assolutamente nell’interesse pubblico, ma nel proprio interesse privato, facendo in modo che non si possa più attuare un’economia a fini sociali.

E tutto questo in palese e stridente contrasto con la nostra Costituzione, la quale, all’articolo 41, terzo comma, prevede un’economia pubblica e un’economia privata, e l’intervento della legge per indirizzare queste attività a fini sociali.

I governanti italiani sbandano nelle loro scelte, e non si accorgono dell’esistenza stessa della nostra Costituzione, basta pensare che con il decreto legge sul lavoro il governo Meloni ha praticamente distrutto il reddito di cittadinanza, trasformandolo e riducendolo nell’assegno di inclusione, e ha dato manforte al lavoro precario e al lavoro a termine, senza capire che soltanto il lavoro a tempo indeterminato può produrre un reale beneficio economico per la nazione, incrementando la domanda da parte dei lavoratori che possono fidare nella continuità della loro retribuzione, fondare una famiglia e avere la prospettiva di una sicura vita futura.

Potrei andare oltre, ma credo di aver detto tutto quello che serve per negare la validità di un sistema fondato sulla concorrenza, eliminando dal mercato qualsiasi forma di cooperazione e di collaborazione, come previsto dagli articoli 45 e 46 della Costituzione.

Che la Meloni ci pensi e approfondisca bene cosa gli impone di fare la vigente Costituzione repubblicana e democratica.

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