Il nostro governo agisce sul piano interno e sul piano internazionale come se la volontà del Popolo non esistesse

Il nostro governo agisce sul piano interno e sul piano internazionale come se la volontà del Popolo non esistesse

Come avevo previsto la guerra in Ucraina continua, e, a passo lento, i russi conquistano quanto volevano.

Ai fini di un negoziato è lodevole l’iniziativa di Mario Draghi, il quale ha parlato direttamente con Putin, chiedendo lo sblocco dei limiti posti alla partenza delle navi cariche di grano ancorate a Odessa, per evitare una catastrofe umanitaria, per mancanza di cibo, specialmente in Africa, ed ha insistito per una soluzione pacifica del conflitto.

Sulla prima richiesta Putin ha aperto uno spiraglio, condizionando però la partenza delle navi ferme a Odessa al ritiro delle sanzioni economiche dell’Occidente contro la Russia e, quanto alle trattative, si è espresso in un lungo soliloquio nel quale ha posto in evidenza le ragioni russe e le pretese, a suo dire ingiustificate, degli ucraini.

Draghi, dopo una sua conferenza stampa tenuta ieri sera, si è riservato di riferire alla Commissione europea. Intanto continuiamo a mandare le armi in Ucraina.

In questa vicenda, come nell’intera storia della Seconda Repubblica, appare evidente che il grande assente nelle decisioni fondamentali è il Popolo, che subisce soltanto i danni delle decisioni sbagliate adottate dai propri governanti, nel cui agire riecheggia purtroppo quanto stabilito nel programma della P2, che voleva l’accentramento del potere nelle mani di pochi, conferendo a questi ogni potere decisionale.

Sottolineo che il 68% degli italiani è contrario all’invio di armi in Ucraina e il governo continua a inviarle, che l’85% degli italiani reclama il salario minimo garantito e sull’argomento governo e politici tacciono e che, a proposito delle concessioni balneari, il Popolo reclama giustamente la fruizione gratuita delle spiagge, ma le forze politiche sono divise tra coloro (Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega) che non vogliono modificare la situazione attuale, secondo la quale i fatturati dei concessionari sono in media 100 volte più alti del canone dovuto (come ad esempio nel caso di Briatore che fattura 4 milioni di euro all’anno a fronte di un canone irrisorio di appena 17 mila euro annui ) e il Pd e il resto della maggioranza governativa secondo i quali l’Europa vorrebbe una messa a gara europea, in modo da concedere le spiagge anche a stranieri, laddove l’Europa ha solo chiesto un riordino della materia.

Quello che sorprende maggiormente è che nessuno parla dei principi e delle norme costituzionali, secondo i quali domina il concetto fondamentale e ineludibile della proprietà pubblica demaniale e comune del Popolo su tutto il litorale, con conseguente diritto fondamentale alla gestione, valutazione e fruizione del bene stesso da parte del Popolo medesimo.

L’articolo 42, primo comma, primo alinea, sancisce che: “la proprietà è pubblica e privata”, sottolineando che la proprietà pubblica è illimitata e inalienabile, mentre pesanti limiti sono posti alla proprietà privata.

In questo quadro costituzionale è fuor di dubbio che l’istituto della concessione, nato sotto l’impero dello Statuto di Carlo Alberto, non è più applicabile, in base ai principi e ai diritti fondamentali della vigente Costituzione repubblicana, in base alla quale le spiagge devono essere gestite e valorizzate da un Ente pubblico territoriale, ritengo il Comune, che ne deve ricavare i profitti, mentre ai privati può conferirsi soltanto l’incarico di determinate attività (uso delle sedie e degli ombrelloni, bar, ristoranti, ecc.) mentre tutto il resto deve essere lasciato libero all’uso diretto dei cittadini, come avviene in Spagna, Portogallo e Francia, ma, poiché da noi si segue sempre l’indirizzo del programma Gelli, al Popolo italiano viene sistematicamente tolto ciò che gli spetta, caricandolo di oneri che non lo riguardano.

Infatti a quest’ultimo riguardo, il governo è arrivato alla sconclusionata decisione che i decreti delegati (e cioè il governo medesimo) da questa legge in via di approvazione in Parlamento, dovranno indennizzare gli attuali concessionari se non dovessero vincere le gare.

E a pagare tale indennizzo è chiamato lo Stato, che gestisce i soldi versati da tutti i cittadini. In sostanza l’enorme danno viene riversato sul Popolo. Che è terzo in questa disquisizione e ciò nonostante, anziché veder riconosciuto il proprio diritto fondamentale a fruire di un bene di propria appartenenza, viene caricato di oneri non dovuti.

Ricordo che contro questa ennesima ingiustizia i cittadini singoli e associati, in quanto parte della comunità repubblicana (art. 2 Cost.), in quanto titolari del diritto fondamentale di partecipazione all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese (art. 3, comma 2 Cost.) e in quanto legittimati ad agire in via sussidiaria nell’interesse generale (art. 118, comma 4 Cost.), possono agire davanti al giudice ordinario per ottenere la dichiarazione di nullità della concessione, ai sensi dell’articolo 1418 del Codice civile, e la conseguente restituzione all’ente pubblico territoriale dei beni illecitamente dati in concessione, riconquistandone la fruizione diretta e chiedendo al giudice adito di rimettere la questione alla Corte costituzionale, perché annulli la legge delega in questione, in quanto contraria agli articoli 2, 3, 4, 9, 41, 42, 43 e 118 della nostra Costituzione repubblicana e democratica.

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Le concessioni balneari: per un fine giusto si persegue una soluzione inadeguata

Le concessioni balneari: per un fine giusto si persegue una soluzione inadeguata

Il nodo dello scandalo, molto risalente nel tempo, delle concessioni balneari è venuto al pettine. Ieri sera il Consiglio dei Ministri ha deliberato di porre fine a questo stato di cose, ma non si è accorto che scegliendo ancora lo strumento della concessione a terzi mediante gara europea il problema resterà assolutamente insoluto.

Il lido del mare è proprietà collettiva demaniale del Popolo e, in linea di principio, deve essere accessibile a chiunque, dovendosi ritenere giuridicamente possibili soltanto quelle attività che riguardano il migliore uso delle spiagge, con l’affitto degli ombrelloni, delle sedie a sdraio, l’uso del bar, ecc.

Qualora si ritenesse che sia utile al Popolo italiano l’esercizio di una vera e propria industria balneare, tenuto conto che si tratta di proprietà pubblica demaniale inalienabile, inespropriabile e non passibile di concessione (nonostante questo concetto sia tanto diffuso nell’immaginario collettivo), la quale svuoterebbe di contenuto la proprietà pubblica, traducendosi in una sorta di trasferimento temporaneo della proprietà del lido, l’unica formula giuridicamente ammissibile è quella di una cooperazione (ai sensi dell’articolo 45 della Costituzione) tra Comune, che agisce in nome e per conto (e cioè in rappresentanza) della Comunità, e alcuni soggetti privati che vogliano gestire i tradizionali stabilimenti balneari.

Si potrebbe pensare ad esempio a un tipo di società tra Comune e privati i cui ricavi (provenienti dai biglietti d’ingresso e dall’utilizzo di docce, ombrelloni, sedie a sdraio, ecc.) siano gestiti in condizione di parità dal Comune, che rappresenta tutti i cittadini, e gli esercenti degli stabilimenti balneari, considerati come parti della comunità italiana ai sensi dell’articolo 2 della Costituzione, che considera il cittadino sia come singolo, sia come parte della comunità in cui vive, con un sistema di riparto dei ricavi improntato ad equità.

aIn tal modo tutto resterebbe nelle mani del Popolo, considerato nel suo complesso, e non si correrebbe più il rischio, immanente ed attuale, di trasformare le concessioni in uno strumento di guadagno da parte degli stranieri ai danni della proprietà pubblica demaniale inalienabile e incomprimibile del Popolo sovrano.

Si tratta, nella realtà, di un’operazione non facile, specie in riferimento alla cultura giuridica che si è finora affermata, la quale, non rendendosi conto che passandosi dallo Statuto di Carlo Alberto alla Costituzione repubblicana, la natura della appartenenza dei beni cosiddetti pubblici ha abbandonato lo schema della proprietà privata (secondo la quale si giustificano le concessioni), ed è passato allo schema della proprietà pubblica incomprimibile del soggetto plurimo cui appartiene la sovranità: il Popolo.

Ed è per questo che il problema in questione va risolto al di fuori di gare europee, e all’interno di una cooperazione fra tutti i cittadini italiani, veri proprietari pubblici delle zone balneari.

Come al solito ribadisco che tutti i problemi trovano soluzione in base ai principi e alle norme costituzionali e in particolare negli articoli 1, 2, 3, 4, 9, 11, 41, 42, 43 e 118.

Professor Paolo Maddalena. Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”

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