Il debito “ingiusto”, o “detestabile”, o “odioso” e la impossibilità della prestazione.

Il debito “ingiusto”, o “detestabile”, o “odioso” e la impossibilità della prestazione.

Il problema del “debito ingiusto” è stato di recente portato all’attenzione di tutti dal Sindaco di Napoli Luigi De Magistris con la manifestazione svoltasi a Roma, Piazza Montecitorio, il 14 maggio 2018.

Ci sono in proposito dei precedenti storici. In Iraq, Bagdad e Washington condonarono il debito che pesava sui cittadini iracheni, perché il governo che lo aveva contratto fu giudicato un governo tirannico.

La dizione “debito odioso” compare per la prima volta nel 1927, quando il giurista russo Alexander Sack pubblicò un saggio su “Gli effetti della trasformazione dello Stato sul debito pubblico e sulle obbligazioni finanziarie”. Con il Trattato di Versailles del 1919, il concetto di “debito ingiusto” venne applicato a livello internazionale. Francia e Polonia vennero esentate dall’assumersi i debiti contratti dai tedeschi sui territori conquistati, “poiché i prestiti erano stati finalizzati al mantenimento dei controlli su quei territori e non al bene delle popolazioni”. Da questi brevi esempi può già trarsi qualche dato di grande importanza: il debito è stato ritenuto ingiusto, e quindi una prestazione non esigibile, se si tratta di debito contratto da un “tiranno”,  se il debito non è stato utilizzato nell’ “interesse del Popolo”, e, infine, se si tratta della “trasformazione” di uno Stato. Sembra un caso, ma in realtà, se si guarda alla nostra Costituzione, questi concetti sono da ritenere, fatti i dovuti adattamenti, tutti giuridicamente e costituzionalmente validi.

Innanzitutto, non ci vuole molto per capire che la Comunità debba rispondere soltanto dei debiti contratti da amministratori dalla stessa eletti e, comunque, da chi è a ciò legittimato dalla Costituzione. Per convincersene, è sufficiente considerare la stessa nozione di “Stato” sancita dalla nostra Costituzione, secondo la quale lo Stato, non è lo Strato persona, cioè una “entità astratta” e praticamente sottratta al controllo popolare, come era lo Stato previsto dallo Statuto albertino, ma lo “Stato comunità” (art. 1 Cost.), il quale si riparte in vari enti territoriali: Comuni, Città metropolitane e Stato” (art. 114 Cost.). Dunque, siamo al sicuro: non c’è posto per i tiranni.

Inoltre, è oltremodo chiaro, in Costituzione, che il debito deve servire a soddisfare i bisogni della popolazione, come si evince dall’art. 97 Cost., secondo il quale debbono essere assicurati “il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione”, dall’art. 98 Cost., il quale  precisa che ”i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione”, nonché dall’art. 28 Cost., secondo il quale “I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti”; diremmo, più precisamente, “dei diritti degli amministrati”. Ed è ancora da aggiungere che le leggi di contabilità generale dello Stato contemplano una forma specifica di risarcimento del danno pubblico delle Collettività amministrate, prevedendo la “responsabilità amministrativa” patrimoniale di funzionari e amministratori pubblici.

Quanto alla affermazione secondo la quale il debito diventa “ingiusto”, se si verifica una “trasformazione” dello Stato, il discorso diventa più ampio, ed il problema è quello di stabilire se effettivamente le leggi incostituzionali in materia economica e finanziaria, che si sono succedute dall’assassinio di Aldo Moro in poi, sono state di tale portata da “mutare” la “struttura” e il “funzionamento” della nostra “Comunità statuale”. A tal fine è necessario porre innanzitutto in evidenza che la nostra Costituzione fa riferimento a una “Comunità politica” (la “Repubblica” o “Stato comunità” che dir si voglia) “strutturata” in tre elementi: a) il Popolo, il quale reca il suo contributo alla Comunità con il lavoro (secondo la nostra Costituzione, tutti devono lavorare e sono esenti da questo dovere, avendo diritto all’assistenza pubblica, soltanto “gli inabili al lavoro”: art. 38 Cost.; b) il “territorio” che fornisce al popolo i mezzi di sostentamento e le risorse necessarie allo sviluppo della persona umana e al progresso materiale e spirituale della società (artt. 3, comma 2, e 4 Cost.); c) la “sovranità”, cioè il potere supremo di porre norme giuridiche vincolanti per tutti. Quanto al “funzionamento di questa Comunità, la Costituzione ha previsto, con l’art. 3 e con il Titolo terzo della Parte prima, un “sistema economico produttivo” di stampo keynesiano, in modo che siano garantiti i mezzi economici necessari per lo sviluppo di tutti e per il progresso della società. Si è parlato, a questo proposito, di “norme di ordine pubblico economico”,  poiché è evidente che una Comunità non può crescere e svilupparsi, se non è salvaguardata la “ricchezza nazionale”, la quale, si badi bene, in base al citato articolo 3 Cost., deve essere distribuita equamente tra tutti i cittadini, dando luogo a una “eguaglianza economica e sociale”.

Diciamo subito che,  negli ultimi anni, le nostre leggi di carattere economico (da ritenere in stridente contrasto con la Costituzione), conformandosi alle prescrizioni europee (le quali ci impongono da un lato l’austerità, cioè ci impediscono lo “sviluppo”, e dall’altro pretendono che il debito diminuisca), hanno dapprima inceppato il “funzionamento” della nostra economia, e poi hanno quasi interamente distrutto il nostro potenziale economico, mutando così la “struttura stessa” della nostra Comunità politica. Questa, come è evidente, ha cambiato volto, impoverendosi drasticamente e mostrando un divario sempre più ampio tra ricchi e poveri.

Ha cominciato il Ministro del Tesoro Andreatta, il quale, il 12 febbraio 1981, con una semplice lettera indirizzata al Governatore della Banca d’Italia Azeglio Ciampi, ha sollevato quest’ultima dall’obbligo di acquistare i buoni del tesoro rimasti invenduti, in modo che siamo stati costretti a rivolgerci al mercato generale, il quale ha fatto lievitare i “tassi di interesse” fino al venticinque per cento. Oggi si può affermare che l’intero ammontare del nostro “debito pubblico” è costituito da tassi di interesse pagati alla speculazione finanziaria internazionale. Nel 1985 sono state “privatizzate” le Ferrovie, parte delle quali (“Italo”) sono state svendute agli Stati Uniti. Nel 1990 sono state “privatizzate” tutte le banche pubbliche, cioè le banche in “proprietà” collettiva del Popolo Italiano. Una vera e propria “sottrazione di ricchezza” a danno di tutti i cittadini. Continuando su questa linea, nel 1992, sono state “privatizzate” l’INA, l’IRI, l’ENEL e l’IRI con tutte le numerose sue industrie, che poi sono state svendute a privati, prevalentemente stranieri. Nel 1993 sono state “privatizzate” le “Poste italiane”. Nel 1998, si è ritenuto opportuno “liberalizzare” il commercio, eliminando le previste distanze tra negozi e cancellando la necessità delle cosiddette “licenze di commercio”. Nel 1999, la legge n. 130, ha dato man forte alla speculazione legittimando la “cartolarizzazione dei diritti di credito”, cioè la libera circolazione dei “debiti” nel mercato generale, come se si trattasse di “moneta contante”. Altrettanto ha fatto, nel 2001, la legge n. 448 (finanziaria 2002), la quale ha legittimato i “derivati”, cioè delle pure “scommesse”, attribuendo loro, incredibilmente, la validità di “moneta contante”. Nel 2001, si è andati avanti nello smantellamento della nostra economia, approvando un piano di “dismissione” di tutti i nostri “immobili pubblici”, anche se “artistici e storici”, anche cioè se in “proprietà collettiva demaniale” del Popolo Italiano. Nel 2010, con il decreto legislativo n. 85, denominato “federalismo demaniale”, si sono trasferiti alle Regioni i demani statali idrico, marittimo, minerario e culturale, eliminando il carattere della “demanialità” e rendendoli “alienabili”a privati. Nel 2012 si è proceduto a togliere, in violazione palese della Costituzione, ogni vincolo all’iniziativa economica privata, dimenticando che l’art. 41 Cost. afferma sì che “l’iniziativa economica privata è libera”, ma soggiunge subito che essa “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”. Sono seguite poi innumerevoli leggi, tutte a favore della finanza e delle multinazionali e contro gli interessi del Popolo Italiano. Si pensi allo Sblocca Italia, al Jobs Act, alla cosiddetta “buona scuola”, alla “riforma della pubblica amministrazione”,  fino al recentissimo decreto legislativo “ammazza foreste” e all’ultimissimo “recepimento” nell’ordinamento italiano della Direttiva “Bail in”, secondo la quale, in caso di fallimento delle banche, rispondono anche i depositanti. E’ evidente che, grazie alle prescrizioni dell’Europa e grazie alla condiscendenza dei nostri governanti, siamo passati da un “sistema economico produttivo” a un “sistema economico predatorio”. Oggi non è più la Comunità politica che detta norme all’economia, ma è quest’ultima che impone alla Comunità le norme da adottare.

Dunque, sono mutati la “struttura” e il “funzionamento” della nostra Comunità politica e si può tranquillamente affermare che si è verificato un vero e proprio  “mutamento dello Stato”,e, quindi, una situazione di “debito ingiusto”.

In sostanza, ci troviamo oggi nell’impossibilità reale di far fronte, da un lato alle spese necessarie a garantire un minimo di “prestazioni concernenti i diritti civili e sociali” (art. 117 Cost., comma 2, lett. m), e dall’altro a osservare il cosiddetto “pareggio di bilancio”, imposto dall’Unione Europea e, incautamente e silenziosamente, inserito in Costituzione. In questa situazione, come ognun vede, è diventato “impossibile” pagare il “debito pubblico”, che, come poco sopra detto, è diventato “ingiusto”. Si è realizzata, in sostanza, sul piano giuridico, “l’impossibilità della prestazione per causa non imputabile al debitore”, come prevede, del resto, l’art. 1218 del nostro codice civile.

Ora si impone con urgenza una “revisione del debito pubblico”, che sia condotta con grande professionalità e acutezza, sia giuridica, che contabile, in modo da “non riconoscere” il “debito ingiusto” causato dalla indebita ingerenza straniera, dall’“illegittima speculazione finanziaria” o dalla “imperizia” dei nostri governanti.

C’è stato un “tiranno” che  ha imposto “questo cambiamento dello Stato comunità, e il tiranno ha assunto spesso le vesti dell’Unione Europea, la quale, sotto la pressione della finanza e delle multinazionali, ci ha imposto le sue prescrizioni di austerità. Né si può escludere che i nostri stessi governanti abbiano volutamente perseguito, non l’interesse dei cittadini, ma quello della finanza e delle multinazionali, assumendo, in questo caso, il volto di “traditori della Patria”. Ma anche in questo caso si può obiettare che il debito imposto dai tiranni rende la prestazione inesigibile dalla Comunità, e resta a carico dei tiranni stessi. Paolo Maddalena

4 Responses

  1. Articolo meraviglioso come la nostra Costituzione
    La ringrazio e stimo profondamente.

  2. Questo scenari di guerra perfettamenfe descritto ha causato altre stragi… ATTENTATO A CORPI GIURIDICI E POLITICI DELLO STATO… poiché in tutti i TRIBUNALI è stato impedita la funzione della giustizia se di mezzo vi fossero le banche… colpendo ed ostacolando PROCURE.. PROCURE GENERALI.. IL CSM….LA CASSAZIONE.. E IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA…. e chi denuncia questi delitti viene ucciso… come denunciato recentemente ad un Procuratore della Repubblica-ARCH. Giancarlo Porcini Salerno

  3. Fatti avvenuti a Milano.
    Il Padrone Poste Italiane era/è “punciuto” con chi doveva giudicarlo nel civile e nel penale (ho anticipato vertenze che sono diventate storia dopo 4 e 11 anni).
    Poi per questi e altri gravi motivi sono stato licenziato (primo, secondo grado e cassazione sono durati in tutto un’ora). Tale premessa è necessaria per tornare al tema.
    Mi hanno privato dei mezzi di sostentamento e poi hanno mandato avanti la cavalleria:
    alloggio popolare 1030 € mensili perché, scandalo, “reddito zero non è possibile”;
    i servizi (A2A, ENI, ENEL) hanno fatto “truffe” ed “estorsioni” (autentiche e da codice penale) …
    Questo loro lo chiamano Debito a cui ho sempre puntualmente risposto che è Odioso (allegando pure la pagina di Wikipedia con Alexander Sack).
    Non è successo niente perché tutti costoro sono “traditori della patria” nell’esatto modo in cui è detto nell’articolo. Per costoro Non esiste il singolo e non esiste la nazione (che è la somma dei singoli).
    Non è facile né semplice, ma si DEVE fare piazza pulita di questi traditori: o la nazione o loro.

  4. «Per capovolgere questa aberrante situazione, c’è tuttavia una via d’uscita: la strada maestra è quella di applicare il secondo comma dell’art. 3 della Costituzione e il Titolo terzo, parte prima, della Costituzione stessa, la quale è stata rinnovata e rivitalizzata dal voto referendario del 4 dicembre 2016». Scritto nei tre principi fondamentali. Mentre “creare una coscienza critica” è scritto nell’atto costitutivo. Condivido tutto, motivo per cui mi sono associato.
    Un modesto contributo, che si spera non molesto.
    Al referendum Costituzionale del 4 dic. 2016 20 milioni di italiani hanno detto di no.
    Nella biblioteca comunale che frequentavo per i motivi in primo commento è apparsa, oltre due mesi dopo, locandina che di fatto era riedizione del cit. referendum. Ho immortalato tutto con una foto dove tale riedizione è in compagnia di una iniziativa comunale del 17/27 febb.2017, foto che dimostra la non casualità del rinnovo del referendum.
    Ho scritto che l’hanno fatto per “sfruculiarmi”.
    La responsabilità non è mica dei bibliotecari (anche se Orwell dice che è anche loro).
    È dell’assessore alle Politiche Sociali di Milano (notissimo yes man) braccio dei governanti di allora (altri yes man).
    A parere di chi scrive quel referendum neanche andava fatto per la palese incostituzionalità che non è quella formale (es.:il referendum è stato indetto regolarmente) ma sostanziale.
    Come si leggerà di seguito sarebbe stata la fine, paradossalmente voluta dal “popolo sovrano”, art.1 Cost., di quello che il prof. ha chiamato “Stato-comunità”. Ho chiamato il referendum un azzardo e un sondaggio per verificare il grado di consapevolezza critica collettiva.
    Per fortuna il popolo, se interpreto bene, ha rivitalizzato il concetto di “Stato-comunità”.
    La mancata contestazione di incostituzionalità mi ha sempre posto la domanda: perché?
    Chi può fare il ricorso sono i Governi (centrali e locali per la reciprocità di leggi emesse da uno dei due poteri) o i “portieri”. Glisso qui sull’ipotesi dei portieri e vengo agli altri due.
    È palese che il potere che emana la legge non ha interesse alcuno a porre la questione di incostituzionalità del suo provvedimento. Ma, mi sono domandato, perché non l’ha fatto un governante locale alla “Maroni” (ripeto fatti avvenuti a Milano) che pure è stato contro?

    Come ho reagito allo “sfruculiamento”? ci sarebbe stato da uscire pazzi pensando che questi sono “padroni” che possono fare e disfare. Invece ho trovato la quadra nella tessera elettorale, e chiunque lo può verificare alla pagina “Circoscrizioni e Collegi Elettorali”: la domanda semplice è: se il popolo avesse abdicato allo “Stato Comunità” in quale circoscrizione andrò io a votare i senatori (e ciò vale per tutti)? Ho fatto denuncia ed ho oltre cento ricevute pec tra cui…
    A seguire il succo di quanto denunciato integrato da quanto qui, prezioso, letto.
    Ora so perché nessuno dei governanti alla “Maroni” fece ricorso alla Corte Costituzionale. Come sopra scritto in articolo «Nel 2010, con il decreto legislativo n.85, denominato “federalismo demaniale”, si sono trasferiti alle Regioni i demani statali idrico, marittimo, minerario e culturale, eliminando il carattere della “demanialità” e rendendoli “alienabili” a privati». Cioè si è reso costoro felici “padroni” di “alienare” laddove era chiaro a loro che pure Renzi-Boschi e Madia si rendevano “padroni” di “alienare” la Costituzione “pro domo” (proprio e/o di altri). È stato così scelto la roulette del “Referendum” e se il 04.12.2016 non ci fosse stato un sussulto di popolo ci sarebbe stata, per mano governativa centrale e locale, l’alienazione perfetta della democrazia.
    «Lo stato è chiunque ha la tessera elettorale» ed è, diversamente dalla vulgata di chi si copia
    scambievolmente, l’art. 3 Cost., perché simile e/o uguale per Re, Presidenti, magistrati e
    milioni e milioni di elettori (un uomo un voto); è la rappresentazione del suffragio universale
    (che si voleva eliminare per l’elezione dei senatori) perché diversamente da ogni passato,
    italico e non, basta avere 18 anni, maschi o femmine, belli e brutti, ricchi o poveri, malati o
    sprizzanti salute, per essere ammessi al suffragio.
    Ignorare la tessera elettorale giustifica l’accusa a Voi di trascinare l’Italia nel baratro mentre i
    “Renzissimi” sono a piede libero e liberi, come “cani rabbiosi”, di pontificare sull’operato degli
    altri ma mai il loro (cosa anche del Regime di Notabili, e di chi altro simile, cui si addice la
    morale di “le bisacce di Zeus”).
    Conclusione: il 14.02.2003, subito dopo essere licenziato e ignorando i motivi del primo commento, ho denunciato «in quel luogo [di lavoro] la Repubblica non è più fondata sul lavoro ma sull’azienda».
    E non credo di sbagliare che, o noi o loro, si possa dire «in questa nazione la Repubblica non è più fondata sullo “Stato-comunità” ma sull’azienda»
    Il 04.03.2018 un altro sussulto del popolo ha riaffermato decisamente lo “Stato-Comunità”
    ma qui sta ai nuovi governanti capirlo.
    Per tutto questo “Tiranno è chiunque amministri il governo per sé” (è Erasmo da Rotterdam “conviene nascere re o sciocco”, ad. n.201).

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